Anno XXV N. 108 Aprile, Maggio 2003
Anna Maria Dilillo

Con questo documento, citato nel saggio del Ceci [link a fondo pagina ndr], il duca Ruggero, figlio di Roberto il Guiscardo, e sua moglie Adele di Fiandra donarono il casale di Balsignano all’abbazia benedettina di Aversa nel 1092. Ruggero, detto Borsa, era figlio cadetto di Roberto e della sua terza moglie Sichelgaita. Alla morte del padre (1085) entrò in lotta col fratello maggiore Boemondo col quale, grazie alla mediazione dello zio, Ruggero di Sicilia, giunse ad un accordo: Boemondo divenne signore di Taranto, Otranto e Gallipoli, Ruggero ottenne l’investitura del ducato di Puglia dal papa Urbano II (1089). Per poter conservare i propri possedimenti, Ruggero fu costretto a cospicue donazioni alla Chiesa, specialmente al monastero di Cava dei Tirreni e a quello di Aversa, che “divenne molto potente. La sua giurisdizione, tra il XII e il XIII secolo, si estendeva in Campania e in Puglia su ottanta chiese, presso le quali erano monasteri e grancie con villaggi e larghi e pingui territori”.
Nel documento si fa riferimento a motivazioni di ordine religioso e spirituale, in realtà ciò che spingeva a donare ampi territori del proprio stato alla Chiesa erano accorti calcoli politici.
Ruggero proseguiva la politica paterna: infatti Roberto, dopo aver battuto nella battaglia di Civitate sul Fortore (1053) papa Leone IX, si dichiarò vassallo della Chiesa e venne investito da papa Niccolò II del ducato di Puglia e di Calabria (1059); più tardi, dopo essere stato per due volte scomunicato da papa Gregorio VII, Roberto prestò nuovamente giuramento feudale al papa (1080), che accettò l’omaggio in vista della lotta contro l’imperatore Enrico IV. La scomparsa di Roberto e di Gregorio VII non pregiudicò questa situazione politica, anzi “l’alleanza tra papato e Normanni è ora più stretta .[…] Urbano II vuole incoraggiare la diffusione del rito latino in Puglia utilizzando l’ordine benedettino e limitare l’influenza del clero di rito greco, divenuto scismatico dopo il distacco da Roma del patriarcato di Costantinopoli nel 1054. A questo programma sono interessati, per ragioni strettamente politiche, Ruggero Borsa e Boemondo, che conservano tutta la carica antibizantina del padre”.
Coinvolto in questo gioco di alleanze, l’ordine benedettino rimarrà in Balsignano dalla fine del secolo XI alla fine del XIII secolo; in seguito il casale verrà ceduto dai monaci “in concessione temporanea mercè un canone annuo che andò salendo da 25 a 50 once d’oro”. Dai documenti non risulta nulla circa i miglioramenti nelle culture e nella vita della popolazione rurale apportati dai benedettini, ma si può ragionevolmente supporre che in questi due secoli, che non a caso videro fiorire lo stile romanico-pugliese, la loro opera non sia stata estranea alla ripresa economica della nostra regione.

IL DOCUMENTO DELLA DONAZIONE
IN NOME DELLA SANTA E INDIVISIBILE TRINITÀ RUGGERO 

IN NOME DELLA SANTA E INDIVISIBILE TRINITÀ RUGGERO
col favore della clemenza divina duca erede e figlio del magnifico duca Roberto, se abbiamo atteso al culto divino, all’onore e al bene della santa Chiesa con la dovuta riverenza e in degna misura, certamente dobbiamo profondere cura diligentissima e sollecitudine intorno alla santa Chiesa di Dio, affinché la pietà divina ci protegga con tanto maggior favore, con quanto più fervore ci siamo preoccupati di esaltare e di difendere secondo le nostre forze la sua Chiesa.

Quindi per amore di Dio onnipotente che non disdegnò di incarnarsi e di sopportare il supplizio della croce e di morire per liberarci dalla morte eterna, nonché per la salvezza dell’anima del su ricordato nostro genitore e della nostra genitrice, per la salvezza del nostro stato, per l’intervento di Adele, nostra diletta sposa, concediamo e confermiamo al monastero del santo martire Lorenzo, che è costruito nella città di Aversa, dove ora col favore di Dio è a capo il signore Guarino venerabile abate, Balsignano con tutte le sue appartenenze, le terre coltivate ed incolte, gli oliveti, le vigne, i pascoli, per questi confini: cioè dalla via che scende a Bari sino all’altura sullo stesso castello di Balsignano, dall’altro lato attraverso la valle dell’episcopato barese sino alla terra di Grifo e così scende sino alla grande strada che conduce alla suddetta città di Bari.

E [concediamo e confermiamo] San Nicola di Bitetto con tutte le sue appartenenze e con l’uso del mulino e del frantoio sia tra i suoi uomini che tra gli altri, chiunque volesse macinare senza nostra contrarietà e dei nostri uomini, dei nostri eredi o successori e balivi
E [concediamo e confermiamo] Santa Caterina con tutte le sue appartenenze.
E [concediamo e confermiamo] Sant’Oronzo di Taranto e cinque pescatori, tre tra quelli con due barche nel mare grande e piccolo, un quarto con una sola barca nel mare grande e piccolo e un quinto con una chiatta.
E [concediamo e confermiamo] San Nicola di Monopoli con tutte le sue appartenenze e San Giovanni di Troia che si trova sul monte Capillone con tutte le sue appartenenze e lo stesso monte per questi confini: dalla parte orientale c’è il castello di Carbonara e così scende direttamente attraverso una piccola valle e conduce direttamente sul borgo, scende attraverso il borgo in una strada più grande, dalla parte meridionale vi è Carbonara vecchia, sale sino alla cima del monte e dallo stesso lato del monte scende attraverso la valle più grande sino alla via pubblica e così prosegue per la via pubblica sino al suddetto castello di Carbonara.
Concediamo anche la terra appartenente al nostro stato con la fonte che viene chiamata Torridi che ha questi confini: comincia dal sentiero che è in questa terra e la terra del diacono Guidone e prosegue lungo una grande strada pubblica sino alla carraia che proviene da Stafilo e scende per la suddetta carraia sino ad un grande sentiero, poi prosegue attraverso il sentiero e giunge ad una piccola altura che è di fronte al predetto sentiero, dalla stessa altura sale e va direttamente in una piccola valle e giunge al suddetto sentiero che è tra questa terra del diacono Guidone e attraverso lo stesso sentiero va nella suddetta via grande.
E insieme concediamo allo stesso monastero tutta la casa che il troiano De Mileto ottenne in Troia da noi, ad eccezione di dieci villani, della terra per un aratro e delle due case che donammo alla signora Fredelsenda moglie di Geroy.
Confermiamo anche e concediamo a te signore Guarino venerabile abate della stessa chiesa e ai tuoi successori per parte e in luogo della tua chiesa tutto ciò che Guarino, signore di Salpi, e Roberto, signore di Bari, diedero e concessero al vostro monastero.
In verità in modo tale che tutti i beni suddetti siano sempre liberamente sotto il dominio e il potere del suddetto monastero, dell’abate e dei suoi successori e una parte dello stesso monastero.
E il predetto signore abate Guarino e i suoi successori abbiano licenza e potere nelle predette terre e in tutte le altre nostre terre dove volessero di erigere chiese, costruire casali, affidare uomini, coltivare vigne, uliveti e altri frutteti, costruire mulini, forni e frantoi nei predetti confini dove volessero. E il predetto monastero, l’abate e i suoi successori non abbiano alcun impedimento né da parte nostra o dai nostri eredi o successori o dai nostri strateghi, giudici, turmarchi, viceconti plateali o da qualsiasi ministeriale dello stato o da qualsiasi uomo in qualunque tempo circa le predette terre, i villani e tutti gli edifici che in esse sono da costruire, né facciano togliere alcuna cosa concessa ai villani, l’affìdatura o il plateatico o facciano fare qualche angaria .
Se in verità qualcuno con temeraria impresa violerà queste nostre concessioni sappia che verserà cinquecento libbre di oro purissimo metà alla nostra camera e metà al suddetto medesimo monastero. E queste nostre concessioni siano stabilmente e permangano fermamente. In verità abbiamo ordinato a te Grimoaldo nostro notaio di scrivere il testo di queste nostre concessioni e abbiamo comandato di sigillarlo col nostro ripario con un sigillo di piombo. Nell’anno dell’incarnazione del Signore millesimo novantesimo secondo, settimo del nostro ducato, nel mese di maggio, quindicesima indizione .

IO RUGGERO DUCA sottoscrissi Testimoni
+ Io Adele duchessa per grazia di Dio
+ Segno di Guidone figlio di Roberto, duca magnifico
+ Segno di Boemondo
+ Segno di Guglielmo de Broilo stratega
+ Segno di Ubaldo figlio di Aldeprando
+ Io Maffrido giudice
+ Io Pietro figlio di Giovanni Crispo
+ Io Alfefì figlio di Giovanna in fede
+ Io Diferio Cervuno
+ Io Aldebrando.

Edizioni “Nuovi Orientamenti”

Balsignano, Giuseppe Ceci, 1988