Nel primo dei volumi sul Medioevo, curati dall’illustre semiologo, vi sono ben due fotografie di Balsignano. In una situazione difficile come quell’attuale, per fortuna Balsignano offre una immagine positiva della città

Anno XXXVI N. 159 Ottobre 2014
Renato Greco

Due fotografie, una dell’interno, la seconda panoramica della Chiesa di San Felice di Balsignano, riportate anche nella copertina di questo numero della rivista, sono presenti nel primo dei 12 volumi dedicati al Medioevo, che hanno come curatore e coordinatore Umberto Eco. In questo primo volume si parla dall’impero universale, o quasi, di Roma, della sua agonia, della sua divisione in un impero occidentale e in un impero orientale che durerà fino all’anno 1476, quando Costantinopoli, successivamente chiamata Bisanzio, sarà conquistata da Maometto II, alla testa del suo agguerrito esercito arabo-turcomanno.
Per quanto riguarda Roma, si va dagli ultimi imperatori fino alla destituzione di Romolo Augustolo, che segna la profonda crisi politica, sociale e militare, seguita alle invasioni della penisola italica da parte di popoli seminomadi e feroci (Goti, Longobardi, Unni), fino al saccheggio di Roma stessa ad opera dei nuovi dominatori dell’occidente. Si parla di popolazioni che dalla profondità germanica e slava d’Europa, finirono per stanziarsi prima in Spagna, Nord Africa e Gallia, poi nella penisola italica e nel centro d’Europa, fondandovi poi il nuovo Sacro Romano Impero.
Opera storica di sintesi, s’è detto, in dodici volumi nei tipi de La Repubblica – Espresso, coordinata da Umberto Eco, che si è avvalso dei più moderni e contemporanei specialisti di numerose università italiane ed estere. Lettura impegnativa, come s’è rivelata quella del primo volume, che guarda ai primi secoli dopo Cristo e giunge nella trattazione, con un salto di quasi dieci secoli, ai due imperi romani e alla fondazione dei regni barbarici.
È dei secoli settimo e ottavo la folgorante ascesa a livello globale dell’Islam, con le sue numerose conquiste nel medio oriente e poi dell’Africa del nord e delle isole del Mediterraneo, con la costituzione in Spagna di emirati destinati a regnare (esclusa la parte nord occidentale della penisola iberica), per oltre cinque secoli, fino alla riconquista cristiana.
Procedendo nella lettura di questo primo volume, grande è stata la mia sorpresa a pagina 417 prima e nelle successive 424 e 425, nel saggio intitolato “L’Europa islamica” dello studioso Claudio Lojacono, di imbattermi nella fotografia dell’interno di “Balsignano, Chiesa di San Felice”! E, a cavallo delle pagine 424 e 425, una panoramica dell’intera fabbrica della stessa Chiesa di San Felice, con a lato, come didascalia, il seguente testo:
“Esterno, XI secolo, Balsignano, Chiesa di San Felice. Il nome del casale di Balsignano potrebbe derivare sia da Basilius, probabilmente uno dei primi abitanti del borgo, sia dai Basiliani, ovvero i monaci di San Basilio, che potrebbero aver costruito nella zona un convento. Ruggero il Normanno dona Balsignano ai monaci benedettini di Aversa nel 1102 ed è probabile che sempre a questo periodo risalga la chiesa di San Felice, ricca di evidenti stilemi architettonici islamici”.

Nella selva di nomi, di secoli e di eventi, una doppia e graditissima sorpresa. Mi sono sentito, così, chiamato in causa e investito della necessità di segnalare ai lettori di Nuovi Orientamenti, che da oltre trent’anni conduce una campagna per la valorizzazione del casale di Balsignano, la notizia inaspettata del riferimento alla chiesa di San Felice di Balsignano, in un’opera storica di così vasta portata nazionale e internazionale.
Esprimendo la finale e unica preoccupazione che, giunti quasi al termine del restauro che si va conducendo in loco da due anni circa, tale bene storico e architettonico dal valore incalcolabile, poi vada disperso o malissimo impiegato, per destinazioni di tipo ludico-commerciale.

Renato Greco

LA SUA PRESENZA IN UN’OPERA COSÌ PRESTIGIOSA DOVREBBE INDURRE TUTTI A CONSIDERARE BALSIGNANO COME UN “UNICUM” DA PRESERVARE

Quando, in una assolata mattina di questa strana estate, Renato è venuto verso di me e mi ha messo sotto gli occhi dapprima la fotografia della volta del corpo rustico e poi quella della facciata sud della Chiesa di San Felice, pubblicate nel primo dei 12 volumi previsti sul Medioevo, curati niente meno che dall’autore de II nome della rosa, la mia prima reazione è stata di meraviglia – di grande meraviglia -, associata a gioia e, come dire, ad un senso di appagamento.
Che Balsignano sia stato scelto fra gli infiniti luoghi medievali dell’Italia e dell’Europa per mettere in luce la natura e la struttura di un casale fortificato e lo stile romanico che fonde ed unifica motivi artistico-architettonici occidentali e orientali, non è cosa da poco, se si considera che l’opera è il risultato dell’impegno dei più autorevoli medievisti e dello stesso Umberto Eco. Noi abbiamo scritto più volte sulle nostre pagine che Balsignano, per la sua storia e per quanto ancora conserva, è un unicum, all’interno del panorama italiano ed europeo, tra le testimonianze artistico-architettoniche medievali. Ma constatare che Umberto Eco, praticamente, pensa la stessa cosa e che due immagini di Balsignano figurano all’interno del saggio di un medievista autorevole come Claudio Lojacono, è cosa che certamente colpisce e induce a tante riflessioni.
E capitato spesso che taluni esponenti della politica, ma anche della società modugnese, ci abbiano considerato dei fissati su Balsignano. Addirittura, un ex Sindaco, in un pubblico comizio di alcuni anni fa, si cimentò in una improbabile ironia su quelli di Nuovi Orientamenti che, al seguito di “Lillino da Balsignano”, se ne “vanno lì la domenica a parlare con le pietre”. Così questo ex Sindaco interpretava il nostro impegno domenicale a Balsignano per realizzare le tante visite guidate al nostro casale, assai seguite non solo dai Modugnesi, ma anche da persone ed associazioni di Bari e di numerose città della provincia. Qualche volta, soprattutto per la lentezza e la scarsa incisività degli interventi, siamo stati presi dal dubbio se valesse la pena di continuare a tallonare le Amministrazioni Comunali perché impegnassero somme di un certo rilievo per il recupero di Balsignano; forse, ci dicevamo, sarebbe meglio che quelle somme siano destinate alla risoluzione di alcuni gravi problemi sociali, La pubblicazione delle due immagini di Balsignano in un’opera di Umberto Eco contribuisce notevolmente a rimuovere del tutto quel dubbio. E non c’è dubbio che Balsignano, soprattutto ora che i lavori di restauro volgono al termine, sia per Modugno e i Modugnesi quel «qualcosa d’inconfondibile, di raro, magari di magnifico», di cui parla Calvino nel brano col quale ho concluso l’approfondimento sulla questione urbanistica.

Raffaele Macina