Manifestazione annuale 2025

Gentile abbonato/a,

Siamo lieti di invitarLa alla consueta manifestazione annuale della rivista “Nuovi Orientamenti” che si terrà Sabato 7 giugno 2025 alle ore 19:30 presso il salone dell’Oratorio “San Giovanni Bosco di Modugno” (Via X Marzo). La serata prevede il seguente programma:

  • Saluto del direttore della rivista, prof. Raffaele Macina;
  • Presentazione del bilancio 2024 a cura di Marco Pepe;
  • Presentazione della cartella “La pergamena del maggio 2021”.
  • Intervista (immaginaria) a don Tammaro Promontorio con l’attore Roberto Petruzzelli.
  • Concerto di canti popolari del coro della Terza età “Dott. Franco Del Zotti”.

Desideriamo informarLa che gli abbonati che interverranno riceveranno in omaggio una copia della cartella “La pergamena del maggio 2021”.

Sarà un’occasione speciale per incontrarci e condividere un momento di convivialità. In attesa di accoglierLa, Le porgiamo i nostri più cordiali saluti.

La Redazione di “Nuovi Orientamenti”

Da Machiavelli l’ispirazione per una nuova Europa

Nel panorama politico attuale, le sfide che l’Europa si trova ad affrontare sono molteplici e complesse. La frammentazione interna e la crescente influenza di potenze esterne, pongono interrogativi sulla capacità dei Paesi europei di ritrovare un’unità perduta. In questo contesto, il pensiero di Niccolò Machiavelli, un autore che ha saputo affrontare le difficoltà del suo tempo, offre spunti interessanti per riflettere su come potrebbe emergere una nuova leadership in grado di guidare l’Europa verso un futuro di coesione e solidarietà. L’analisi, proposta dal prof. Serafino Corriero analizza, con la consueta precisione storica, il legame tra il passato e il presente, suggerendo che le idee machiavelliane possano illuminare il cammino verso un’Europa più unita e forte. L’articolo, che si consiglia vivamente di leggere, si conclude con un appello a cogliere l’opportunità di superare particolarismi e resistenze interne per realizzare la vocazione unitaria dell’Europa, ispirandosi alla visione di Machiavelli.

L'articolo del prof. Serafino Corriero è stato pubblicato in Nuovi Orientamenti, Anno XLVII, n. 187 maggio 2025 (da pag. 3 a pag. 5)

Pubblicato ultimo numero della rivista “Nuovi Orientamenti” Anno XLVII n. 187 Maggio 2025

È stato pubblicato il nuovo numero della rivista «Nuovi Orientamenti». Si coglie l’occasione per invitare, coloro che non l’avessero ancora fatto, a rinnovare la quota annuale per il 2024 che, anche quest’anno, rimane invariata: € 25,00 per quella normale ed € 50,00 per quella sostenitrice (nel qual caso 25 euro saranno considerati come sottoscrizione per il Millennio).

Si può effettuare il rinnovo attraverso il bollettino postale; tramite bonifico bancario utilizzando le seguenti coordinate: BANCO POSTA, intestato a Nuovi Orientamenti, codice IBAN: IT58 U076 0104 0000 0001 6948 705; presso la cartolibreria “La Bottega del libro” (Piazza Sedile, 11), presso il Centro Fotocopie di Francesco Caporusso (Piazza Sedile, 29).

E’ anche possibile contattare un rappresentante di «Nuovi Orientamenti» e fissare un incontro, telefonando ai seguenti numeri: 3284475397 (Raffaele Macina), 3334916861 (Anna Camasta), 3355915842 (Marco Pepe);

Di seguito la copertina del nuovo numero della rivista con l’evidenza del rispettivo sommario.
Buona lettura.

UNO SPETTRO TREMENDO SI ANNIDA
NEI GOVERNI DI MEZZO MONDO

Lo chiamano “transumanismo” e promettono l’immortalità per l’uomo

Raffaele Macina

Articolo di libera consultazione
Editoriale n. 187 – maggio 2025

La riflessione sulla natura umana come unità psicofisica è stata sempre a fondamento della filosofìa, della teologia, del diritto e della medicina. Una vera e propria rimozione del concetto di natura umana viene oggi da un presunto movimento filosofico che porta il nome inglese di transhumanism e che ha negli USA i suoi più noti esponenti.
Il transumanismo progetta “la riplasmatone e la radicale trasformazione della natura umana sino al suo superamento”, ha una fiducia incondizionata nella tecnologia, grazie alla quale ritiene possibile sia il dominio dell’uomo, anzi del “transuomo”, su tutta la realtà terrestre ed extraterrestre, sia la realizzazione “del sogno prometeico dell’uomo di essere creatore di se stesso” e di rendersi immortale.
I transumanisti concepiscono l’uomo del futuro (transuomo) come un essere potenziato attraverso l’impiego di svariate biotecnologie, destinato ad inglobare in sé i nuovi e continui ritrovati tecnologici, che finirebbero col renderlo un “alieno” rispetto all’uomo come lo abbiamo conosciuto sino ad ora.
John Harris, autore di diversi saggi sul transumanismo, ritiene che oggi siamo ad un bivio, poiché si è avviato un processo grazie al quale l’umanità sarà sempre più capace “di plasmare […] il proprio destino, nel senso che potrà decidere non solo quale tipo di mondo desidera creare e abitare, ma anche quale fisionomia intende darsi”.
Ancora più esplicito Max More, che si definisce filosofo transumanista e futurista: “Noi [transumanisti] sfidiamo l’inevitabilità dell’invecchiamento e della morte […]. Per mezzo di alterazioni genetiche, manipolazioni cellulari, organi sintetici e ogni altro mezzo necessario, ci doteremo di vitalità duratura e rimuovemmo la nostra data di scadenza”. In questo senso, l’uomo dell’immediato futuro sarebbe destinato a radicali cambiamenti non per effetto di processi naturali, e neppure per volontà di una divinità. Ci troveremmo così davanti ad una radicale trasformazione dell ’Homo sapiens in Homo Deus. Ma, allora, tutto ciò porterebbe a radicali mutamenti della natura umana, al punto che i nostri discendenti potrebbero essere considerati una nuova specie, priva dei tratti fondamentali della nostra umanità?
E poi, chi dovrebbe decidere quali mutamenti della natura umana promuovere e quali no?
A questa seconda domanda i transumanisti rispondono affermando la libertà assoluta dell’individuo di poter ricorrere ad ogni intervento che possa potenziare le sue limitazioni biologiche (art. 4 dei Principi trans umanistici).

L’invocazione della libertà assoluta per l’individuo è fondamento cardine del transumanismo, che vede nello Stato l’ostacolo principale all’attuazione dei suoi princìpi, per cui questo presunto movimento filosofico, prima impegnato nell’attività meramente teorica, nell’ultimo decennio ha sempre più assunto una sua caratterizzazione politica e religiosa, soprattutto negli Stati Uniti.

I primi militanti del transumanismo ad intrecciare la loro attività di “inventori di start-up/im- prenditori/investitori” con l’impegno politico sono stati i 13 uomini più importanti della “PayPal Mafia”, molti dei quali hanno compiuto studi filosofici.

Fra i 13 della “PayPal Mafia”, i più impegnati politicamente sono Elon Musk e Peter Thiel: se il primo, ora principale consigliere di Trump, è particolarmente attivo nel finanziamento e nel sostegno delle destre europee (e non solo), il secondo assicura consistenti finanziamenti ai candidati negazionisti dei cambiamenti climatici e a tutte quelle aziende che sono impegnate nel frenare ed eliminare l’invecchiamento e altre limitazioni biologiche dell’uomo. Qualche affermazione di questi due “cavalli di razza” del transumanismo sarà sufficiente a delineare i caratteri fondamentali della società che essi vagheggiano.

Cominciamo con Thiel, l’ideologo del transumanismo: “Non credo più che la democrazia sia compatibile con la libertà”; “Il mondo è una giungla, dove solo il più forte sopravvive”; “Il potere e l’innovazione devono essere affidati a una minoranza di talento”; “La religione cristiana […] si è indebolita per l’ideologia woke, che l’ha resa troppo attenta a poveri, deboli e bisognosi con quel suo essere sempre dalla parte della vittima”.

In perfetta sintonia con queste sono le affermazioni di Musk, che, forte della sua posizione di ultramiliardario e di consigliere del presidente del più potente stato del mondo, diffonde il suo verbo urbi et orbi: “Ci sono le maree, ma conta anche chi è il capitano della nave”; “In tempi di tempesta, si vuole il miglior capitano possibile della nave”; “Gli Stati Uniti, il motore economi co più potente dell’universo, avrebbero potuto prendere il controllo del mondo, ma, stranamente, non l’hanno fatto per una loro scelta: invece di occupare gli Stati sconfitti, li hanno aiutati a rinascere come hanno fatto con gli Stati dell’Europa e col Giappone”; “Neuralink [azienda statunitense di neurotecnologie, di cui lo stesso Musk è il principale azionista], è l’ambizione di rendere gli umani iper-umani, con chip nel cervello in grado di potenziarne energia, creatività, e di sconfiggere malattie e disabilità”.

Insomma, il transumanismo sul piano politico professa l’instaurazione di una post-democrazia, nella quale il potere sia saldamente nelle mani di “una minoranza di talento”, che, tradotta nella pratica, è la minoranza degli ultramiliardari, mentre sul piano individuale vorrebbe un iper-uomo, cioè un soggetto che inevitabilmente finirebbe coll’essere più macchina che uomo.

Di conseguenza, il transumanismo, questo presunto movimento filosofico che riduce l’uomo al solo corpo, bandendo ogni riferimento alla psiche, sarebbe più logico che assumesse la denominazione di trans macchinismo. Così l’iperumano, profetizzato da Musk, sarebbe sempre più pieno di neuroprotesi, chip, lacci e interfacce neurali, grazie ai quali la sua mente potrebbe stabilire “una simbiosi con l’intelligenza artificiale”. Non importa se perderebbe l’anima, che è da sempre il fondamento di ogni autentico umanesimo.

R.M.

Tratto dal n. 187 – maggio 2025

Ultimo numero – 185

Pubblicato ultimo numero della rivista “Nuovi Orientamenti” Anno XLV n. 185 Luglio 2024

È stato pubblicato il nuovo numero della rivista «Nuovi Orientamenti». Si coglie l’occasione per invitare, coloro che non l’avessero ancora fatto, a rinnovare la quota annuale per il 2024 che, anche quest’anno, rimane invariata: € 25,00 per quella normale ed € 50,00 per quella sostenitrice (nel qual caso 25 euro saranno considerati come sottoscrizione per il Millennio).

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E’ anche possibile contattare un rappresentante di «Nuovi Orientamenti» e fissare un incontro, telefonando ai seguenti numeri: 3284475397 (Raffaele Macina), 3334916861 (Anna Camasta), 3355915842 (Marco Pepe);

Di seguito la copertina del nuovo numero della rivista con l’evidenza del rispettivo sommario.
Buona lettura.

Ultimo numero – 184

Pubblicato ultimo numero della rivista “Nuovi Orientamenti” Anno XLV n. 184 Aprile 2024

È stato pubblicato il nuovo numero della rivista «Nuovi Orientamenti». Si coglie l’occasione per invitare, coloro che non l’avessero ancora fatto, a rinnovare la quota annuale per il 2024 che, anche quest’anno, rimane invariata: € 25,00 per quella normale ed € 50,00 per quella sostenitrice (nel qual caso 25 euro saranno considerati come sottoscrizione per il Millennio).

Si può effettuare il rinnovo attraverso il bollettino postale; tramite bonifico bancario utilizzando le seguenti coordinate: BANCO POSTA, intestato a Nuovi Orientamenti, codice IBAN: IT58 U076 0104 0000 0001 6948 705; presso la cartolibreria “La Bottega del libro” (Piazza Sedile, 11), presso il Centro Fotocopie di Francesco Caporusso (Piazza Sedile, 29).

E’ anche possibile contattare un rappresentante di «Nuovi Orientamenti» e fissare un incontro, telefonando ai seguenti numeri: 3284475397 (Raffaele Macina), 3334916861 (Anna Camasta), 3355915842 (Marco Pepe);

Di seguito la copertina del nuovo numero della rivista con l’evidenza del rispettivo sommario.
Buona lettura.

1 aprile 1545

Soprusi ai danni dei cittadini

Nuova richiesta dell’Università di Modugno a Bona Sforza perché intervenga sui capitani della città che compiono numerosi soprusi ai danni dei cittadini, talvolta arrestati ingiustamente e poi rimessi in libertà dopo il pagamento di una cospicua somma. La duchessa di Bari e regina di Polonia da Cracovia fissa un preciso regolamento stabilendo, fra l’altro, che in caso di arresto di un cittadino «nulla sia dovuto al capitano e al giudice».

Giovedì Santo

In prossimità del Triduo pasquale riproponiamo un canto popolare, ancora oggi assai diffuso in molti centri della Puglia e presente anche a Modugno, che racconta del dolore della Vergine Maria in prossimità della Passione di nostro Signore Gesù Cristo.  La poesia in dialetto, con la traduzione a margine, dal titolo "Giovedì Santo", è tratta dall'archivio storico della nostra rivista pubblicata nel 1981 (Anno III, n. 2 - Maggio 1981) a firma della prof.ssa Anna Longo Massarelli nell'ambito della rubrica "A Medugne se disce adachessè". Buona lettura. - mp - 
 

La somiglianza con le laudi umbre e toscane del ’200 appare chiara in questo canto, anche se la poesia in esso contenuta non raggiunge i vertici, per es., de « IL PIANTO DELLA MADONNA» di Iacopone da Todi.Le note che l’accompagnano hanno una solennità larga e grave, come si addice a un canto tragico.  Lo sviluppo dei fatti è breve e su tutti domina il dolore della Vergine di fronte alla passione di Cristo. La laude inizia con Maria che, incamminandosi, si riveste del manto, secondo la usanza antica di coprirsi il capo, per strada e in segno di lutto. Ma ella è sola sulla via della croce: di tutti quelli che avevano seguito e osannato Gesù non c’è nessuno che possa accompagnarla. Ad un certo punto la scena si anima: san Giovanni è il primo personaggio che la Madonna incontra e che la chiama « madre », quasi a suggellare la sua partecipazione più ampia alla tragedia che sta per compiersi. Ed è lo stesso Giovanni che la guida alla casa di Pilato, dove Gesù è incatenato. L’azione qui diventa più rapida e il «tuppè tuppè » di Maria alla porta del procuratore romano è quasi il «tuppè tuppè » affannato del suo cuore che cerca Gesù. Infatti, come è piena di struggente e delicato dolore la risposta « ji so l’afflitta di Marie!»  « L’afflitta » assume una proporzione enorme: non è Maria afflitta, ma tutta l’afflizione è Maria. Ed ecco al nostro sguardo si presenta non un Gesù eroico, ma un Gesù debole, bisognoso del conforto della madre a cui chiede di andare al «mesto» che forgia i chiodi, perché solo lei potrà ottenere che non siano  tanto grossi e neanche tanto sottili per trapassare la sua carne in croce. Mi piace rilevare l’espressione « mesto ». È Gesù che parla e gli vien messo sulle labbra un termine italianizzato, come avviene quando il popolo si rivolge ad un « galantome » e si sforza di forbire il suo dialetto.Ad un tratto in questo scenario di dolore e di pietà appaiono due personaggi furenti contro la santità di Cristo: «la zègnera maledétte » e «u male latrane». L’una chiede una grossa quantità di chiodi per crocifiggerlo e l’altro aggiunge che gli stessi siano «spendate e grosse», perché possano trapassarlo con maggior dolore. Gesù maledice la prima e la condanna da quel momento ad essere apolide. La ferocia dei due si ripercuote sulla dolce e straziata Maria che non regge e cade trafitta dall’angoscia. Allora tutto l’universo si associa al suo dolore e scuriscono la luna, il sole e le stelle, perché rifulga solo la bellezza di madre Maria.Avrete notato che il brevissimo dramma ha un’architettura semplice; il tono e il linguaggio sono ingenui ed elementari, come si addice al discorrere del popolo, ma palpitano di un vasto dolore umano, che eleva la laude al di sopra dei suoi limiti letterari.
Anna Longo Massarelli

Giovedi Santo

Il 10 Marzo 1799, fra storia e tradizione popolare

Il 10 Marzo del 1799 viene ricordato come l'assedio di Modugno da parte di un contingente di Sanfedisti che attacca Modugno, della Repubblica Napoletana, ma viene respinto. È una ricorrenza molto sentita in quanto legata all'apparizione della Madonna Addolorata che salvò la città dall'attacco nemico. La nostra rivista, nel febbraio 1982, ha pubblicato un interessante contributo sull'argomento, a firma del prof. Raffaele Macina, che si ripropone per la sua completezza di contenuti e riferimenti. A seguire il canto popolare - "U Nevendanove" - con la traduzione in calce a ciascuna strofa. 
Buona lettura [mp]

Nuovi Orientamenti, anno IV, n. 1 – febbraio 1982

Per la ricorrenza del 10 marzo abbiamo voluto pubblicare questo bellissimo canto popolare che in modo molto sintetico e con rappresentazioni figurate di autentica poesia illustra gli eventi di quella tragica giornata del 10 marzo 1799, quando Modugno subì un tentativo di assalto da parte dei carbonaresi e abitanti di altri comuni limitrofi.
In questo modo vogliamo come rivista non soltanto dare un contributo alla conoscenza del nostro passato, ma soprattutto ricollegarci alle nostre tradizioni storiche e popolari per una loro reale comprensione finalizzata alla riappropriazione di quei contenuti che noi riteniamo indispensabili per ristabilire una identità culturale e storica della nostra città.
Il canto popolare «U Nevandanove» è ormai ignoto ai molti e soltanto qualche vecchietta ricorda la sua musicalità malinconica, ma dolce. É un vero peccato che qui possiamo presentare solo il testo del canto, perché molto del suo valore artistico, della sua serena solennità si perde quando lo si dissocia dalle sue note. La melodia di questo canto provoca in chi lo ascolta un rassicurante atteggiamento di tranquillità e quasi di sicurezza interiore e manifesta una coralità popolare di convinzioni e di partecipazione che, sia pure per un attimo, ti solleva dalla atomizzazione del nostro vivere quotidiano.

I primi versi ci presentano subito la figura di un cantastorie che si presenta per quello che è: non un poeta, né un ignorante (terragne), ma soltanto un uomo di buon senso (de buène sendeminde) che con umiltà chiede un po’ di attenzione perché possa narrare un vero evento storico. E il popolo, incapace com’è di leggere e cosciente di poter apprendere qualcosa soltanto dal cantastorie e non dagli intellettuali del tempo, si raccoglie con curiosità intorno a lui.
Dopo la sua presentazione il cantastorie comincia subito la narrazione degli eventi storici: l’assalto del 10 marzo, operato da tanti piccoli paesi (le tanda paisotte che s’eran aunì erano Carbonara, Ceglie, Loseto, Bitritto, Bitetto, Valenzano, Casamassima, Noicattaro, Gioia, Noci).
È forse qui opportuno ricordare che nel 1799 tutto il Meridione era diviso fra città che avevano aderito alla Repubblica Partenopea, instaurata a Napoli dai circoli illuministici col sostegno militare dell’esercito francese, e città fedeli alla monarchia e alla casa borbonica. Modugno insieme a Bari, Altamura e soprattutto alle città costiere della provincia, aveva aderito alla Repubblica Partenopea e pertanto era continuamente minacciata da quei paesi che invece continuavano a prestare la loro fedeltà ai borboni e a lottare per un loro ritorno a Napoli.
Il 10 marzo del 1799, quindi, gruppi armati provenienti dai paesi citati insieme a donne, vecchi e bambini, tentarono di assalire e punire la Modugno giacobina, ma soprattutto di fare il saccheggio della città per ricavarne un ricco bottino.
Il canto è assai preciso nella narrazione degli eventi storici che presenta: è vero infatti che il gruppo più numeroso degli assalitori era formato dai carbonaresi e che furono questi, con alcuni bitrittesi e bitettesi, a devastare il convento degli agostiniani.

È vero anche che nel convento degli agostiniani essi ammazzarono a coltellate quattro giovani conversi che erano rimasti lì, mentre tutti gli altri frati erano rifugiati nella città murata.
È anche vero che gli assalitori avevano un cannone, ma le cannonate che riuscirono a sparare furono sette e non quattro come dice il canto, ed è anche esatto che una di queste cannonate si conficcò in un palazzo di periferia a ridosso delle mura che si sporgevano sull’attuale via X Marzo; il canto individua lo stabile colpito nel frantoio (u trappite) che si trovava a capo della citata via e che fu poi abbattuto qualche decennio fa. Attualmente sul terreno del vecchio frantoio, i cui proprietari esercitavano la compravendita all’ingrosso di tutti i prodotti agricoli di Modugno, insiste la villa dell’ing. Zaccaro.
Infine è confermato storicamente che gli assalitori si radunarono intorno alle mura di Modugno in mattinata e che il tentativo di assalto si protrasse sino a sera inoltrata, perché, come gli stessi carbonaresi dissero poi, «li era mancata la munizione di polvere e di palle»
Se da una parte il canto si rifa agli eventi storici, dall’altra però non fa alcun cenno alle loro cause reali: non v’è alcun riferimento alla Repubblica Partenopea, ai Sanfedisti, all’anarchia del 1799, alle bande dei delinquenti, al governo repubblicano dell’Università di Modugno.
Esso presenta una situazione metastorica, si distacca cioè dal periodo storico dell’evento che vuole narrare, e illustra un fatto peculiare di Modugno che può anche non aver data o, il che è la stessa cosa, può essere collocato indifferentemente in un secolo qualsiasi c anche nel nostro secolo.
L’atmosfera dell’evento, quindi, non è scandita dal tempo, si adatta a tutti i tempi, è universale, eterna, non assoggettabile a principi e interpretazioni della ricerca dello storico, ed essa è tutta finalizzata a presentarci un fatto straordinario e miracoloso che sfugge a ogni tentativo di spiegazione razionale: l’apparizione della Madonna Addolorata, «de chedde ca mors ne volse liberaje», (di quella che ci volle liberare dalla morte), come dice il canto. E quel «ci » rafforza ancora di più l’atmosfera metastorica, eterna e perciò religiosa del canto: la Madonna Addolorata, infatti, non liberò soltanto i modugnesi del 1799, ma volle liberare anche «noi».

In questa atmosfera le motivazioni dell’evento storico diventano semplici e si colorano di moralità e di autentica religiosità popolare. L’assalto è opera dei carbonaresi che inspiegabilmente si «arrabià gondrì de li medegnise» (si arrabbiarono contro i modugnesi).
Questa semplicità popolare crea ancora la quarta strofa: «Le sa ce tutte u uavévene lu avvise», (Lo sai se tutti avessero avuto l’avviso), nessuno sarebbe stato ucciso c tutti si sarebbero salvati. I fatti non andarono così: la notizia dell’assalto la ebbero tutti, e non poteva essere che così, visto che gli assalitori incominciarono a radunar si dalle prime ore del mattino e l’assalto vero c proprio incominciò alle ore 14.00 e che ancora la devastazione del Convento degli agostiniani si ebbe a pomeriggio inoltrato.
Il tempo perché ognuno, quindi, trovasse riparo fra le mura della città vi fu, in realtà i quattro conversi uccisi furono costretti a restare nel convento, perché furono impegnati a farvi da guardia dai frati e dal priore che invece preferirono mettere la pelle al sicuro, rifugiandosi fra le mura di Modugno.
Il canto, però, ignora tutto questo che ovviamente non poteva essere inserito in quella atmosfera metastorica e di serena religiosità e presenta l’uccisione dei conversi come qualcosa dovuto soltanto alla fatalità, che assolve tutti e acquieta le coscienze. È questo un tipico atteggiamento della nostra tradizione popolare che tende sempre a porre una pace formale e un formale spirito di riconciliazione fra le diverse parti, rinunciando così alla ricerca di colpe e responsabilità.
Addirittura anche agli assalitori la quarta strofa attribuisce un formale senso del pudore: i carbonaresi uccidono sì i quattro conversi, ma non hanno il coraggio di consumare il misfatto davanti agli occhi vigili della statua di San Nicola che stava in una nicchia davanti a loro. Ed essi allora mettono un panno davanti al santo, che così non assiste al barbaro eccidio di quattro giovani seminaristi indifesi, e soltanto dopo aver compiuto questo atto di riverenza religiosa possono ammazzare.
Ed ecco finalmente l’evento straordinario che dovrà essere raccontato ad un altro paese: l’apparizione della Madonna Addolorata. La Madonna appare sul muro del frappeto, dice il canto, e si alzava e si abbassava per invogliare quasi gli assalitori a colpirla e per attirare la loro attenzione su di sè, distogliendola dall’assalto della città. Qui la mentalità religiosa popolare crea una bella immagine: la Madonna, spesso presentata dalla cultura ecclesiastica come luce e perciò stella, raccoglie nel suo manto tutte le palle di fucile e di cannone e le trasforma in stelle, simboli di luce e di pace.

La cronaca di G. Saliani presenta l’apparizione della Madonna diversamente, affermando che i modugnesi furono «visibilmente difesi dalla Vergine Santissima, e da nostri protettori San Nicola Tolentino e San Rocco, come gli stessi nemici ne fanno fede» e che gli assalitori videro su un tetto proprio vicino a un punto debole delle mura «una Signora in bianca gonna, scapigliata, col fazzoletto alle mani, avendo a lato due guerrieri armati di fucile, che andavano dal lato del tetto all’altro, alle quali, e specialmente alla suppusta donna avevano tirate più e più fucilate, ne mai era loro avvenuto di colpirla, dicendole tali, e tante parole ingiuriose, che tremo a rammentarle, non che a lasciarle scritte».
Il canto presenta l’apparizione della Madonna come fatto certo, sul quale non è possibile avanzare alcun dubbio, al pari degli altri avvenimenti di quella giornata del 10 marzo, e qui la fermezza della fede popolare, ponendosi il problema di presenti e future critiche sul miracolo, vuole demolire ogni possibile dubbio, rifiutando con pacata fermezza la tesi di quanti vollero individuare in quella donna che si « alzava e si abbassava su quel muro » una vecchia fattucchiera (masciale).
Qui la forza della convinzione popolare è così corale che bastano poche parole per liquidare la posizione di quei pochi die, con fonato animo denigratorio, hanno osato mettere in discussione l’apparizione della Madonna Addolorata. Queste poche parole esprimono un distacco profondo dell’animo popolare da quei pochi che non sono tenuti in seria considerazione e sui quali il canto stende il manto dell’anonimato, (decèrene ca iève na vecchia masciale), che esprime il massimo del disprezzo e della differenziazione popolare.
I primi due versi dell’ultima strofa, infine, riecheggiano l’atmosfera tipica del partenio che, come è noto, era un componimento lirico tanto caro alla poesia greca destinato ad essere cantato da un coro di fanciulle in onore di una dea. Infatti il canto, rivolgendosi alle donne madri, le invita a mandare in chiesa le loro figlie nubili (vacandì), che qui svolgono il ruolo delle vergini del partenio, perché onorino e chiedano perdono alla Madonna per le colpe commesse da tutta la comunità modugnese.
C’è nella chiusura del canto la tradizionale convinzione popolare che interpreta un evento funestro, nel nostro caso l’assalto del 10 marzo, come conseguenza e giusta punizione divina dei peccati commessi. Le fanciulle modugnesi, quindi, chiedendo perdono e onorando la Madonna, svolgono un ruolo sociale e religioso utile a tutta la comunità, perché intercedono la continua protezione della Madonna su Modugno, allontanando così dalla città il ripetersi di eventi funesti nel futuro.
Altamente poetica, quindi, la conclusione del canto soprattutto per l’evocazione di temi classici che sembrano quasi voler essere confermati dal costrutto latineggiarne dell’ultimo verso (de chédde ca morse ne volse liberajei).

prof. Raffaele Macina

U NEVANDANOVE

A vu signure ci adénze me date,
u nevandanove ve vogghje fa sendì,
ce nan ire pe la Madonne Addelorate,
Medugne aveva sta tutt’abbattute.

A voi signori se mi date retta,
il novantanove vi voglio far sentir,
se non fosse stato per la Madonna Addolorata,
Modugno sarebbe stato tutto abbattuto.

Nan sonde ni puéte manghe terragne,
Gesù m’a date ne buène sendeménde,
Gesù m’a date ne buène sendeménde,
pe fa sendì la storie a chissa gende.

Non sono né poeta e neppure ignorante,
Gesù mi ha dato un buon sentimento,
Gesù mi ha dato un buon sentimento,
per fare sentire la storia a questa gente.

Nuje alle dèsce de marze furema assaldate,
e tanta paisotte s’ir an aunì,
gondrì de li medegnise si arrabbià,
scennì fescenne nande a le Carnalise,
e a Sanda Jestine forene le prime accise.

Noi il dieci marzo fummo assaliti,
e tanti piccoli paesi s’erano uniti,
contro i modugnesi si arrabbiarono,
andammo fuggendo davanti ai carbonaresi,
e a Sant’Agostino furono i primi uccisi.

Le sa ce tutte u uavévene lu avvise
e povere l’aide ci forene angappate,
e povere l’alde ci forene angappate,
se ne fescèrene suse come rabbiate.

Lo sai se tutti avessero avuto l’avviso
e poveri gli altri che furono presi,
e poveri gli altri che furono presi,
se ne fuggirono sopra come cani arrabbiati.

Sanda Necole jinda nu nicchie stève
e chi nu panne nande già chemegghiare,
e chi nu panne nande già chemegghiare,
’nge ne chendarene dèsce cherteddate.

San Nicola in una nicchia stava,
e con un panno davanti lo coprirono,
e con un panno davanti lo coprirono,
gliene contarono dieci coltellate.

E a nalde pajise u uavèvene ce rechendaje,
sendite chèssà storie quande jè pelile,
sparorene finghe a quatte cannenate,
facerene lu pertuse a lu trappite.

E a un altro paese avevano di che raccontare,
sentite questa storia quant’è pulita,
spararono fino a quattro cannonate,
fecero un buco al trappeto.

Na donne ca ’nge stave sopra quel mure
e chedde ca s’alzave e s’abbasciave,
e chedde ca s’alzave e s’abbasciave,
decèrene ca ieve na vecchia masciale.

Una donna che stava su quel muro
e quella che si alzava e si abbassava,
e quella che si alzava c si abbassava,
dissero che era una vecchia fattucchiera.

Guardate quande stèlle tène jinda lu mande
e chidde ièvene le palle ce recevève,
la Madonne le recevève cu mandesine
e quande pall’avève l’ammenave ‘nzine

Guardate quante stelle ha nel manto
e quelle erano le palle che riceveva,
la Madonna le riceveva col manto
e quante palle aveva le menava in grembo.

Da la matine stèttere fing’a la sère,
mo ’ngi’arrevaje lore de vindunore,
iunì che l’alde si la trascherrève:
ame fernute la menizione.

Dalla mattina stettero fino alla sera,
quando arrivò l’ora ventuno,
uno con l’altro parlava:
abbiamo finito le munizioni.

Vu donne ce tenite le file vacandì,
mannatele jinda la chièse a cercà perdone,
’nge stù Matra Marie Addelorate,
de chedde ca mors ne volse libèraje.

Voi donne se avete le figlie nubili,
mandatele nella chiesa a chiedere perdono,
ci sta Madre Maria Addolorata,
quella che dalla morte ci volle liberare.

Disegni Amina Pepe - Ricostruzione eventi del 1799

Altare dedicato a Maria Santissima Addolorata 
Chiesa Matrice di Modugno

Festa patronale san Nicola da Tolentino

Nonostante l’inclemenza del tempo, che quest’anno ha compromesso il regolare svolgimento delle processioni in onore dei santi patroni, si è tenuto il consueto appuntamento con la cittadinanza, nell’ambito del quale si rinnova il rituale della consegna le chiavi della città a san Nicola da Tolentino da parte del Sindaco, nella fattispecie l’ing. Nicola Bonasia.
Questa volta alla circostanza ha partecipato anche Sua Eccellenza mons. Francesco Cacucci il quale, dopo aver presieduto la solenne celebrazione eucaristica nella chiesa Matrice di Modugno, ha tenuto un breve discorso.
Quest’anno il parroco della chiesa Matrice di Modugno, don Nicola Colatorti, si è soffermato su un tema di notevole rilevanza sociale, quello dell’adolescenza e, in particolar modo, sugli eventi di risonanza nazionale che hanno interessato Palermo, Caivano, e Napoli, per ciò che riguarda l’inaudita violenza consumata nei rispettivi contesti.
E’ stato interessante ascoltare il Suo punto di vista, fortemente improntato sulla famiglia, con le indicazioni ai genitori per affrontare al meglio il problema adolescenziale dei propri figli.

Qui di seguito il discorso integrale di don Nicola Colatorti.
Buona lettura, e grazie per l’attenzione.

marco pepe
(marcopepe.it@gmail.com)
Discorso di don Nicola Colatorti
Modugno, piazza Sedile lunedì 25 settembre 2023

La festa patronale è l'occasione migliore per dare alla cittadinanza alcune riflessioni su temi che riguardano la nostra comunità cittadina e che affidiamo alla protezione dei nostri santi patroni e alla coscienza di ciascuno. 
Questa volta la nostra attenzione si pone sui nostri ragazzi e specificamente su quella fascia evolutiva che è l'adolescenza. Ce ne ha dato motivo alcuni episodi verificatisi nell'arco di questo ultimo mese che hanno avuto risonanza nazionale: gruppi di ragazzi, minori, costituiti in branco, senza pudore e senza ritegno si sono abbandonati a violenze su ragazzine, a Palermo, a Caivano e, ultimamente a Napoli il caso di un diciassettenne che per futili motivi ha colpito a morte un ragazzo poco più grande di lui. L'opinione pubblica ne è stata, fortemente scossa, sconcertata per l'osceno atto dei primi e per la violenza incontrollata del secondo, tanto da richiedere l'intervento autoritario dello Stato. Sulla scorta di questo quadro inquietante mi permetto di offrire una pur limitata riflessione.

Certo non può essere consolante il fatto che episodi di quella consistenza non si siano verificati tra noi: sarebbe come chiudere gli occhi su un fenomeno che è molto più ampio per la sua portata, con le sue radici, le sue propaggini e i suoi frutti amari. Dunque le nostre poche e ridotte considerazioni si fanno sulla adolescenza. 
E’ l'età più bella di tutta la vita, ma anche la più delicata: il ragazzo esce dal guscio della fanciullezza fortemente plasmata da dipendenze familiari e si apre alla affermazione di sé per costruire la propria personalità con una propria autonomia. Impedire questa crescita sarebbe come congelarlo in una eterna infanzia e asservirlo ad una dipendenza, nel complesso da Peter Pan. Per altro verso, scioglierlo da ogni vincolo famigliare, abbandonare a se stesso la sua crescita ritenendolo ormai autonomo e capace di gestirsi in piena libertà oltre ogni limite, rischia, per ritornare all'esempio della pianta, di inselvatichirne la crescita.

Tanti sono i segni che predispongono a questa pretesa autonomia: uno fra tutti la loro dipendenza on line: incollati ai cellulari, intenti a succhiare tutte le suggestioni ed emozioni che la pornografia offre, si espongono alla deflagrazione dei desideri, convinti che per essere felici bisogna superare ogni limite, provare tutte le emozioni, aperti a qualsiasi sollecitazione senza controllo. 
Si enfatizza la libertà fine a se stessa che trova sostegno e condivisioni nel branco con cui consumano lo stesso pasto. E qui che si pone la nostra attenzione in un equilibrio né compressivo né disinteressato, ma educativo. 

I riferimenti incresciosi a cui abbiamo accennato ci trovano smarriti al punto da non trovare soluzioni, e ci lasciano perplessi e incerti: Cosa fare? A chi affidare un compito così importante? Allo Stato? Ai servizi preposti? Alla scuola? Alla società? Certo alla coalizione di ciascuna realtà. Mi permetto di sollecitare la realtà più immediata: quella della famiglia, nelle cui mani è il bandolo della situazione, e ci sembra la più vicina e la più naturale a quel contesto: Genitori, non sottovalutate quell'età delicata!

Non crediate che le vostre pur giuste occupazioni lavorative siano una buona ragione per non lasciare spazio ad un dialogo costruttivo con i vostri figli; investite il vostro tempo accogliendo le loro confidenze; non vi sentite mai sicuri di conoscerli abbastanza, col rischio di scoprire troppo tardi la loro evoluzione; sappiate proporre strade, senza imposizione, a realtà positive che siano parrocchiali, sportive, culturali, ma che abbiano un fine e non siano esposte allo sbandamento e all'istinto del branco; fate conoscenza con le amicizie che frequentano; sollecitate le istituzioni nel loro compito educativo;soprattutto fate capire ai vostri ragazzi che li amate.


Ultimamente abbiamo avuto un esempio positivo di giovani motivati, nostri concittadini, che hanno partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù, un'esperienza che li ha arricchiti e che ci dà motivo per ben sperare. Noi non siamo a Caivano, a Palermo o a Napoli verso cui sentiamo la più grande solidarietà e tutta la nostra gratitudine perché ci hanno aperto gli occhi a possibili rischi, e da quegli episodi vogliamo trarre motivi per una responsabilità educativa più attenta. 

San Nicola, a cui affidiamo i nostri ragazzi e le nostre trepidazioni, ci illumini e ci guidi.
Auguri.

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