Due documenti inediti sul passaggio di Balsignano da casale fortificato a fondo murato
Parte 1 di 2

Anno XXV N.111 Dicembre 2003
Claudia De Liso e Maria Franchini

Pubblichiamo questo primo intervento di due giovani studiose (Claudia De Liso, laureata in Conservazione dei Beni Culturali, e Maria Marchini, laureanda in Architettura), che da alcuni anni, anche per nostra sollecitazione, sono impegnate in una ricerca sistematica sulle fonti e sulla storia di Balsignano. Questo primo intervento ha un indubbio interesse scientifico per la segnalazione di due atti inediti del notaio Giacomo Filippuccio di Bari che sono importanti per capire l’evoluzione di Balsignano da casale fortificato a fondo murato. (R.M.)

L’esistenza del borgo di Balsignano era già nota agli studiosi dell’Ottocento. Il Garruba citò tra i documenti trascritti dal Muratori il diploma del 1092 con cui il duca Ruggiero donava Balsignano al monastero benedettino di S. Lorenzo di Aversa ed il successivo diploma di conferma del 11021; individuò tra le monete coniate a Brindisi da Carlo I d’Angiò, pubblicate nel catalogo di Forges – Davanzati, quella su cui poteva leggersi «Balesinianum Unc. I tar. XIII»; infine riportò i nomi di alcuni feudatari desumendoli dagli studi del Paglia su Giovinazzo e dal dizionario del Giustiniani all’articolo “Acquaviva”2.

           

La storia di Balsignano tuttavia fu ricostruita in maniera sistematica dallo studioso Giuseppe Ceci,3 che condusse una approfondita indagine archivistica a Napoli tra le carte dei “Monasteri Soppressi”, tra i “Fascicoli Angioini” ed i “Registri Angioini”, ricavandone una discreta quantità di notizie riguardanti il periodo tra dalla fine del Duecento e la fine del Trecento, da quando cioè i Benedettini di Aversa non amministrarono più direttamente il loro possedimento e lo cedettero a censo; riportò i nomi dei feudatari ed alcune vicende del borgo; dall’importo pagato dalla comunità per la sovvenzione generale (colletta) dedusse il numero degli abitanti. Altre notizie, più frammentarie, si riferivano al Cinquecento ed attestavano il declino del centro abitato a quell’epoca, e la rovina delle sue strutture fisiche. Un importante documento scoperto dal Ceci a Napoli è un atto del maggio 1229 contenente i nomi e le precise ubicazioni delle due chiese di S. Maria di Costantinopoli e di S. Felice, identificate con le due chiese oggi superstiti di Balsignano. A Bari, tra le pergamene di S. Nicola, il Ceci individuò un istrumento del maggio 962 riferito a beni situati in loco Basiliniano: è la più antica fonte scritta riguardante la contrada.

Recentemente la cronologia relativa al casale è stata ampliata attraverso altre fonti: gli scavi archeologici, eseguiti finora solo su una minima parte del suolo dell’antico insediamento, hanno rivelato, in prossimità della chiesa di S. Felice, la presenza di un sepolcreto e di un edificio di culto databili ai secoli VIII-IX d.C., testimoniando una frequentazione del luogo in epoche precedenti4.

           

Il nostro contributo, frutto di una ricerca svolta presso l’Archivio di Stato di Bari, l’Archivio Notarile di Bari, l’Archivio Capitolare di Modugno e l’Archivio della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici della Puglia, mira a ricostruire quella parte di storia del sito che vede il suo antico ruolo di centro abitato difeso da mura trasfigurarsi in quello di fondo murato, cioè di proprietà privata di un individuo. In particolare, la maggior parte dei documenti che abbiamo raccolto fornisce il quadro completo dei passaggi di proprietà dal 1752, anno in cui venne redatto il Catasto Onciario di Modugno, al 2000, anno in cui il terreno contenente le vestigia del casale di Balsignano è stato acquisito al patrimonio della città di Modugno.

           

Altri documenti da noi trovati vanno ad aggiungere qualche tassello al mosaico della più antica storia del borgo. Di questi ci occupiamo nel presente articolo ripercorrendo, alla luce delle nostre indagini, quanto già riferito dal Ceci sulle vicende del casale di Balsignano nel Cinquecento5.

           

Tra i fascicoli del “Fondo d’Addosio” presso la Biblioteca Nazionale di Bari è conservata una nota di appunto dal titolo “Balsignano” che riporta in sintesi il contenuto di due atti, rogati dal notaio Francesco Giacomo Filippuccio di Bari, riguardanti il casale6. Tali atti sono conservati presso l’Archivio di Stato di Bari.

           

Il primo7, datato 19 febbraio 1529, è un atto di procura, con cui Bessarione di Biella, monaco del monastero dei SS. Severino e Sossio di Napoli, dell’ordine dei Benedettini della Congregazione Cassinese alias di S. Giustina di Padova, come legittimo procuratore di Marco di Pontramoli8, abate del suddetto monastero e del monastero di S. Lorenzo di Aversa, con ampia potestà di prendere possesso del castello di Balsignano e di esigerne redditi e proventi, nomina sostituti procuratori, con la stessa potestà, Giovanni de Erminzano («Hermizano»)9 ed un tale Angelillo10 di Modugno.

Venne così ripristinata una situazione di legalità, dopo che, con una sentenza del Sacro Regio Consiglio del 24 marzo 1528, sanzionata dal viceré del Regno di Napoli, ed eseguita il febbraio dell’anno seguente, la badia di S. Lorenzo aveva espulso i fratelli Eligio, Giovan Vincenzo, Raffaele e Alfonso della Marra, che avevano illecitamente occupato il territorio di Balsignano11.

           

Nel secondo atto del notaio Filippuccio12, datato 23 novembre 153113, il nobile Giovanni de Erminzano, sostituto procuratore del suddetto monaco Bessarione di Biella, loca e concede in enfiteusi per ventinove anni ad Angelo de Re Basilio, cittadino di Ceglie ed abitante in Modugno, un aratro e mezzo di terra non coltivata e con macchia, con alberi di diverso genere, sito in territorio di Balsignano, confinante con la terra dei Montanari di Modugno, con la pescara di S. Leonardo e con altri confini, per l’annuo censo di due tari in carlini d’argento da pagare alla festa della Natività a partire dall’anno seguente.

           

Nel documento del 1528, secondo quanto riportò il Ceci, si parla del castello e del casale come già dirupati. Lo stato di abbandono e di rovina di quei luoghi spiega perché nel 1536 la badia avesse espresso il proposito, non seguito, di una vendita del territorio di Balsignano, che ormai rendeva soli 50 ducati all’anno14. Nel 1552 tuttavia il casale fu concesso in affitto a Camillo Dottula di Bari per 170 ducati15.

           

Nel 1561 fu compilato un inventario di tutte le terre e fabbriche rurali che componevano la tenuta di Balsignano con i confini, i nomi dei coloni, quasi tutti abitanti di Modugno, e le cifre dei censi annuali16. Tra le proprietà elencate compare un giardino con alcuni alberi, tra cui un noce, situato in località detta Balsignano, confinante con la pescara di S. Leonardo o di Galeazzo Plummarola, con il mandorleto di Bartolomeo Montanari di Modugno, con le mura del casale di Balsignano e con altri confini. Questo giardino è posseduto indebitamente da un tale Angelo, abitante di Ceglie e cittadino di Modugno, in quanto la sua pretesa di averlo avuto in concessione dal monastero di S. Lorenzo per l’annuo censo di tari quattro e grana otto risulta, per il procuratore del suddetto monastero, nulla e non rispondente a diritto.

           

Nel 1565 fu emesso un bando per una concessione perpetua dell’intero territorio mercè un canone annuo17. La vendita del casale di Balsignano avvenne però solo nel 1606, con atto recante la data del 22 ottobre rogato dal notaio Ottavio Petino di Aversa 18. Dalla lettura del documento si apprende che i monaci di Aversa possiedono il luogo edificato, 0 meglio diruto, con alcuni alberi da frutta, circondato da mura, un tempo volgarmente detto casale di Balsignano, confinante con i beni di Domenico Preschi, con i beni di Modugno, con la via pubblica per la quale si va da Modugno a Bitritto, con un’altra via antica per la quale si va a Bari e con altri confini. I monaci vendono tale proprietà al signor Giovanni de Surdo di Modugno per il prezzo convenuto di duecento ducati. Le condizioni elencate di seguito nell’atto, non completamente leggibile, contengono il riferimento ad un censo annuo di dieci ducati affiancabile in qualsiasi momento dal compratore o dai suoi eredi o successori mediante versamento dell’intera cifra.

           

Tale peso non fu mai estinto. Infatti, nel Catasto onciario di Modugno del 1752 si rileva che il proprietario del fondo di Balsignano, Vito Nicola Faenza, sacerdote del Capitolo della chiesa madre di Modugno, pagava ai benedettini di Aversa una quota annuale di 33 once e 10 tarì, che viene messa in relazione ad una somma di duecento ducati e ad un censo annuale di dieci ducati19.

           

Dalla consultazione del suddetto Catasto si desume inoltre che a quell’epoca l’abbazia di Aversa era ancora in possesso di terre, sia in località Balsignano che in altre contrade di Modugno. Più precisamente, essa risulta proprietaria di nove aratra di terra con alberi d’olivo siti nel luogo detto Balsignano, confinanti con i beni degli eredi di Saverio Vitucci e con i beni di Michele Pantaleo, per una rendita di trenta once, oltre che di sette aratra di terreno con alberi siti nel luogo detto macchia Simone, di sei aratra di terreno con alberi d’olivo situati nel luogo detto le Tacche, di due aratra di terreno con alberi d’olivo siti nel luogo detto Procito, per una rendita totale di 88 once e 20 tari20.

           

Nei Catastini di Modugno del periodo compreso tra il 1765 e il 1804 si ritrovano le stesse proprietà21.

I nove aratra di terreno appartenenti all’abbazia di Aversa siti in Balsignano, pervenuti al demanio dello Stato dall’asse ecclesiastico, furono venduti a privati nel 1867, come attestano due fascicoli relativi alla vendita all’asta rispettivamente di aratro uno e di aratra otto di terre in località Balsignano identificati, in base ai dati catastali ed ai confini, con i possedimenti dell’abbazia22.

Note

1 M. GARRUBA, Serie critica de’ Sacri Pastori baresi, Tipografia Fratelli Cannone, Bari 1844, p. 95.
2 M. GARRUBA, op. cit., p. 930.
3 G. CECI, Balsignano, in “Japigia”, III, 1932, pp. 47-66.
4 G. LAVERMICOCCA, Modugno (Bari), Balsignano, in “Taras. Rivista di archeologia”, Editrice Scorpione, Taranto, X, 2,1990, pp. 425-427, tav. CCXVI,i-2.
5 Ringraziamo vivamente la dott.ssa Beatrice Viganotti dell’Archivio di Stato di Bari per l’aiuto offerto nella lettura ed interpretazione dei manoscritti del Cinquecento e del Seicento, e per i consigli utili alla stesura del presente articolo.
6 Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpe” di Bari, Archivio d’Addosio, fase. 10/47.
7 Archivio di Stato di Bari, Atti notarili di Bari, Not. Francesco Giacomo de Filippuccio, prot. aa. 1527-29, c. 66 r-v (antica numerazione).
8 II nome non è integralmente leggibile, perché il foglio del manoscritto presenta delle lacune, ma così viene riportato nella sintesi del d’Addosio.
9 Gli Erminzano giunsero a Bari da Milano negli anni della signoria di Isabella Sforza. Il Petroni (G. PETRONI, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all’anno 1856, ristampa anastatica dell’edizione di Napoli del 1857-58, Forni Editore, Bologna 1971, voi. I, p. 540) cita un Antonio Ermizano. Il Tateo (Storia di Bari nell’Antico Regime, a cura di F. Tateo, Editori Laterza, Roma-Bari 1991, voi. I, p. 182) scrive che alla metà del Cinquecento il “nobil messere” Giovanni riuscì ad evitare la scomparsa del proprio casato dando in sposa la figlia Giulia ad Annibaie Gallo, di origini napoletane, ed imponendo la fusione dei due cognomi nei discendenti, condizione che presupponeva la trasmissione a Giulia di una fetta cospicua dei beni paterni. Le vicende degli Erminzano sono documentate da un libro di famiglia depositato presso l’Archivio della basilica nicolaiana.
10 Anche qui il nome non è leggibile per intero; questo secondo procuratore non è stato citato dal d’Addosio.
11 G. CECI, Balsignano, inserto a “Nuovi Orientamenti”, anno X, n. 5-6, settembre-dicembre 1988, p. 8.
12 Archivio di Stato di Bari, Atti notarili di Bari, Not. Francesco Giacomo de Filippuccio, prot. aa. 1530-32, c. 46 r-v (antica numerazione).
13 L’anno scritto sul documento è il 1532, ma poiché il notaio usava datare in base allo stile bizantino, abbiamo riportato la data al computo moderno.
14 G. CECI, op. cit., p. 10, n. 1.
15 Ibidem.
16 Ibidem. Questo documento presenta un grande interesse ai fini della ricostruzione dell’assetto del territorio e della toponomastica a quell’epoca.
17 Ibidem.
18 Archivio di Stato di Caserta, Atti notarili di Aversa, Not. Ottavio Petino, prot. aa. 1606-1608, cc. 48V -51V.
19 Archivio di Stato di Bari, Catasti onciari, Modugno, 1752, cc. 528V -529V.
20 Ivi, cc. 772V -773V.
22 Archivio di Stato di Bari, Catastini, Modugno, 1765-1784, 1795-1798,1799-1801,1802-1804.
23 Archivio di Stato di Bari, Asse Ecclesiastico, busta 100, fase. 7156; ivi, busta 101, fase. 7195.