La Parrocchia Sant’Agostino e la rivista “Nuovi Orientamenti” in collaborazione col Comune di Modugno, hanno fatto rivivere l’antica tradizione del miracoloso ritrovamento del quadro di Maria SS. di Balsignano

Anno XXXIX N. 165 Luglio 2017
Caterina Sassi

Il tepore primaverile di un pomeriggio domenicale, una data inconsueta nella normale programmazione della rivista Nuovi Orientamenti e della Parrocchia Sant’Agostino, ed un sito, non ben impresso (ahimè!) nella memoria “distratta” dei Modugnesi, sono stati gli elementi di richiamo per rincontro che si è svolto domenica, 14 maggio, presso il Casale di Balsignano, realizzato in collaborazione col Comune di Modugno. Tanti i presenti, alcuni giunti anche da fuori città, da sempre affezionati lettori della rivista, che si ritrovavano in un luogo ameno, per assistere ad una cerimonia che, ad una prima occhiata, appariva come una festa campestre, ma che, in realtà, consisteva nella rievocazione di un antico rito che, fino agli anni Cinquanta, si svolgeva proprio in quel Casale, nella seconda domenica di maggio, in concomitanza con l’arrivo della stagione primaverile e la raccolta delle ciliegie. Un servizio d’ordine efficiente, il percorso verso l’ingresso ben tracciato e, passo dopo passo, gli ospiti giungevano nella corte antistante la chiesetta di Maria Santissima di Balsignano, all’interno del Casale.
Lo spazio d’accoglienza, tipicamente agreste, consentiva ai presenti di posizionarsi come meglio credevano: chi su ampi gradoni in pietra, chi sulle poche sedie disponibili, altri, infine, impegnati in un continuo andirivieni, determinato dal piacere di “essere”, finalmente, all’interno di un sito, definito “monumentale” da tanti illustri studiosi (qualcuno anche straniero), ma, purtroppo, poco conosciuto dagli stessi Modugnesi.
Nella zona centrale della corte, ben protetta da una robusta cinta muraria, era allestito un altarino ed accanto, in posizione prominente, un cavalletto che sosteneva un grande quadro, ricoperto da un candido telo.
L’atmosfera, come sempre, esprimeva una cordialità non apparente tra amici di vecchia e nuova data, che si incontravano in un luogo spoglio nella sua nuda essenzialità, ma ricco di una storia millenaria, faticosamente sottratta all’oblio del tempo, grazie ad un lungo e tenace lavoro di studio-ricerca condotto, in prima persona, dal direttore di Nuovi Orientamenti, prof. Macina, e poi, come egli stesso ha scritto nel precedente numero della rivista (aprile 2017), da un “impegno di squadra” che ha coinvolto soggetti dotati di competenze e ruoli specifici, con assoluta gratuità e generosità! Un luogo che è, come direbbero alcuni, un “Miracolo del Tempo”, in un felice connubio fra natura, storia, cultura e religione.
Ultimi minuti di attesa e, alle 18,00 in punto, il prof. Macina rivolge ai presenti il suo saluto e le seguenti parole di benvenuto: ’’Questo pomeriggio si realizza un desiderio custodito, per decenni, dentro di me”; una frase che, nella sua apparente sinteticità, esprime un vissuto molto personale, quasi sofferto, all’interno di un progetto di studio, ricerca, sensibilizzazione e progettazione per il recupero di un autentico gioiello storico-artistico del nostro territorio, qual è, appunto, il Casale di Balsignano.
L’incontro di quel pomeriggio domenicale era, infatti, strettamente collegato ad un’antica leggenda di quel luogo, raccolta alla fine degli anni Settanta dalla viva voce di un anziano contadino. Si narra, in essa, del ritrovamento di un quadro con l’immagine della Madonna, nel corso di una fra le più frequenti calamità naturali che colpivano un tempo alcune zone della nostra regione. Si trattava delle cosiddette “méne”, corsi d’acqua violenti a carattere torrentizio che, scendendo dalle colline murgiane in seguito a piogge eccezionali, trovavano il loro “letto” naturale nelle “lame”, lunghi solchi del terreno, entro cui confluivano questi impetuosi corsi d’acqua, prima di raggiungere il mare.
Fu proprio nell’autunno di un anno imprecisato che la pioggia cadde copiosa ed ininterrotta per giorni e giorni: nei campi il livello dell’acqua continuava pericolosamente a salire, mentre i contadini assistevano, impotenti, alla furia devastante della pioggia che, impietosamente, travolgeva seminati e coltivazioni.
Un mattino, uno di essi, mentre si aggirava tristemente nella zona adiacente il Casale, in un mare di fango, notò qualcosa che affiorava appena da un cespuglio poco distante: incuriosito, vi si avvicinò cautamente e, con grande meraviglia, si accorse che si trattava di un quadro che incorniciava il volto di una Madonna. Si accorse anche, quel contadino, che, nonostante il fango ed il materiale di risulta che la forza dell’acqua trascinava con sé, il quadro era completamente asciutto.
Con stupore misto a commozione, gridò al miracolo e poi, stringendolo fra le braccia come una reliquia, corse verso la chiesetta, all’interno del Casale. Giunsero dai dintorni altri contadini e si recitarono preghiere e invocazioni. Si decise, infine, di portare in processione l’immagine fino a Modugno, affinché il miracolo fosse reso noto a tutti. Poi, sempre in processione e fra incessanti preghiere, il quadro fu riportato nella chiesetta di Balsignano. La leggenda narra che, durante quelle ore di concitato stupore, le nuvole minacciose e plumbee, che da giorni incombevano nel cielo e, soprattutto, nell’animo di quei poveri contadini, improvvisamente scomparvero, lasciando totalmente spazio al sereno. Il ritrovamento del quadro e la concomitante, provvidenziale, cessazione di quella calamità, fornirono la certezza dell’avvenuto miracolo che fu ricordato, fino agli anni Cinquanta, con la celebrazione di una messa e l’allestimento di un Albero della Cuccagna al centro della Corte, nello stesso posto in cui, il 14 maggio, si è inteso realizzare la rievocazione del miracolo.
Al contadino, autore di quel ritrovamento, fu attribuita, in segno di gratitudine, la nomina, per così dire “istituzionale”, di Sìndeche de Valzegnene.
La storia di quel quadro, tuttavia, non finì lì perché (non è dato sapere quando) le fiammelle delle candele votive, forse troppo ravvicinate alla cornice dello stesso, provocarono un incendio che distrusse completamente l’effìgie della Madonna.
Concluso questo primo momento, non sarebbe azzardato, afferma il prof. Macina, attribuire un ruolo più significativo al culto della Madonna di Balsignano, che esprime un culto verso la Madre di Dio, nato e sviluppatosi nel nostro territorio in seguito ad un evento prodigioso, come accadde per la Madonna di Pompei o di Loreto!
La cerimonia, entrando sempre più nel vivo, va avanti, non senza una doverosa precisazione: del quadro distrutto dalle fiamme, non restò alcuna traccia, se non una fotografia casualmente finita, anni dopo, nelle mani del prof. Macina che, nell’ottica di una sua lungimirante progettazione su Balsignano, ha pensato di utilizzare quell’unico documento in suo possesso per creare una riproduzione artistica del volto della Madonna, in occasione della cerimonia di rievocazione del miracolo. Il compito è stato affidato a Daniela Salianl, una giovane e sensibile pittrice, che viene chiamata in causa per la presentazione della sua opera.
E, questo, il momento centrale della cerimonia: Fautrice riferisce di essersi ispirata alla iconografia mariana, soffermandosi sulla tecnica, sui colori utilizzati e, soprattutto, sul significato della postura delle mani della Madonna: la mano sinistra, poggiata sul cuore, esprime il senso più alto del “divino”, la destra, rivolta verso i fedeli, è tesa verso il basso e si rifa al “senso terreno” della vita. Il viso reclinato fa riferimento alle icone bizantine. Riguardo ai colori, Fautrice sostiene che l’azzurro chiaro del vestito e del mantello si riferisce al colore del cielo, mentre la tonalità più intensa dello sfondo indica lo Spirito Santo che veglia su di noi. Infine, le spirali che si intravedono lateralmente, sottintendono le speranze da noi riposte nella misericordia della Vergine. Dopo la cerimonia, il quadro è stato donato alla Parrocchia di S. Agostino.
Il momento successivo ha visto la celebrazione della Messa, officiata da don Luigi Trentadue, con accompagnamento del coro parrocchiale.
È stato questo il momento del massimo raccoglimento fra i presenti: un momento sublime, che raramente si coglie quando si è a stretto contatto con gli altri. Era come se ognuno cogliesse “l’attimo fuggente” per una fuga dal frastuono della città e per un intimo momento di raccoglimento interiore. Un “attimo fuggente”, per riassaporare il gusto del silenzio, della pace e di un insopprimibile senso di libertà.
A determinare queste sensazioni, era l’atmosfera palpabile di uno spazio lontano dalla nostra quotidianità, dominato da un silenzio “voluto e non imposto”, in un luogo ricco di natura, storia e fatica umana, tanto che, nel corso della celebrazione eucaristica, mi è più volte capitato, guardando verso l’alto, di vedere il cielo, in un certo senso “più vicino” alla terra, come se il Divino e l’Umano volessero fondersi in un’unica, nuova dimensione. Una forma di autosuggestione, certo, ma che forse farà meglio comprendere quanto il contatto con la natura ed il silenzio elevi l’animo umano!
La cerimonia prosegue con l’intervento conclusivo del prof. Macina, che potrebbe spaziare all’infinito nella storia del Casale, ma i tempi non glielo consentono, per cui si sofferma sulla finalità dell’incontro, tendente a stimolare la memoria di chi, tra i presenti, possedeva, forse, solo un vago ricordo del miracolo ma, soprattutto, farlo conoscere ai giovani, verso cui egli nutre una particolare attenzione e fiducia nelle loro capacità di divulgazione e tutela dell’immenso patrimonio storico che Balsignano racchiude. Parte, quindi, dall’origine del Casale, definito “un insieme di terre coltivate ed incolte”, ubicate su “una pittoresca prominenza” a tre chilometri circa da Mo- dugno, sulla strada verso Bitritto. Spiega, poi, il significato del termine Casale, inteso come agglomerato di case abitate, nel passato, da poche famiglie di indigeni ma, anche, da piccoli gruppi di popolazioni costrette ad abbandonare i paesi costieri della Puglia e rifugiarsi nelle sue zone interne per sottrarsi alle violente scorrerie dei pirati Saraceni. Continuando, parla, anche, di gruppi di popolazioni provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico, come testimonianza di remote, prime forme di immigrazione da terre lontane.
Sull’origine del nome sussistono diverse interpretazioni tra cui una delle più probabili si riferisce al nome di un ricco proprietario terriero, di nome Basilio, da cui derivò la denominazione dell’antico Casale, divenuto, successivamente, un borgo, come risulta da un’antica pergamena dell’anno 962, custodita nell’archivio della Basilica di San Nicola di Bari.
Purtroppo, le incursioni saracene si spinsero, in seguito, anche nelle zone interne della Puglia ed il borgo di Balsignano, come altri sparsi intorno alla Terra di Bari, fu più volte saccheggiato. Ma la laboriosità dei contadini permise di reimpiantare campi e coltivazioni e di ricostruire chiese e case. L’unicità di Balsignano consiste nel conservare ancora molte strutture medievali, mentre gli altri casali o sono stati completamente rasi al suolo o si sono trasformati in centri urbani, come è lo stesso caso di Modugno. Balsignano viene considerato un unicum, in quanto detiene il privilegio di possedere ancora un castello, due chiese e una cinta muraria medievali. Ma tutto ciò che è emerso dagli scavi effettuati e dalle relazioni di illustri storici come Giuseppe Ceci, Vito Faenza, Emile Bertaux e scrittori come Umberto Eco, fa ritenere sia “poca cosa” in rapporto ai tesori sicuramente ancora custoditi nel grembo del Casale.

Gli ospiti ascoltavano, osservavano e scrutavano tutto ciò che, ancora, avrebbero desiderato scoprire ed ammirare tra cupole, navate, capitelli ed affreschi, ma il pomeriggio cedeva, ormai lentamente, il passo alle prime ombre della sera e la Corte, appena illuminata dalla calda luce dei pochi fari accesi, lasciava chiaramente intendere che la cerimonia volgeva al termine, ma le iniziative e Ì progetti da intraprendere sono davvero tanti ed il Casale potrà finalmente diventare un patrimonio prezioso e fruibile dall’intera comunità modugnese.