Author: Raffaele Macina (Page 1 of 2)

Aristotele invita a riflettere sul futuro

Aristotele invita a riflettere anche sul presente

L’autismo non è una malattia

Con questo articolo della neuropsichiatra Ketty Cramarossa è stata aperta la rubrica "Società e disagio", diretta dal dott. Giuseppe Saccotelli, già primario del reparto di psichiatria dell'ospedale di Barletta. La rubrica, in memoria della dott.ssa Anna Macina, scomparsa il 17 febbraio 2016, che alla psichiatria ha dedicato tutta se stessa, è pubblicata all'interno della rivista "Nuovi Orientamenti", che si pubblica a Modugno dal 1979.
Società e disagio, i motivi di una nuova rubrica

 

Balsignano

E la giustizia vigila sul nuovo Regio Governatore


Editoriale a firma del prof. Serafino Corriero:

Nella nuova sede del Sindaco (dott. Nicola Magrone) una scritta del ’500 ammonisce ad essere un governante giusto e benevolo.

Dall’ottobre 2016, a seguito dei lavori di ristrutturazione del Palazzo Santa Croce, sede storica del Comune di Modugno, il Sindaco in carica, Nicola Magrone, ha trasferito il suo ufficio, a tempo indeterminato, al 2° piano del rinnovato palazzo cinquecentesco di via Vito Carlo Perrone, già denominato “della ex-Direzione”, ma ora, per decisione degli attuali amministratori, detto “Palazzo La Corte”, e infine, sulla base di una accurata ricerca storica condotta dal prof. Raffaele Macina, e pubblicata su questo stesso numero, prossimo – si spera – ad essere definitivamente rinominato come “Palazzo del Regio Governatore”. Perché questo palazzo, il più antico fra i palazzi pubblici della città, tra il 1578 e il 1806 ospitò effettivamente il Governatore della città regia di Modugno, nominato direttamente dal governo centrale del Regno di Napoli, e proprio qui ha voluto insediarsi il sindaco Magrone, forse an- che suggestionato dalla sacralità storica del luogo. Sta di fatto che, al primo piano di questo palazzo, proprio sotto il suo ufficio, si trova quello che doveva essere il salone di rappresentanza del Governatore, dove, su una parete, in alto, campeggia un affresco molto bello raffigurante un’allegoria della Giustizia, rappresentata in figura di giovane donna coronata che, seduta tra due leoni, regge con la mano destra una lunga spada levata in alto e con la sinistra una bilancia a due coppe perfettamente equilibrata: immagine del tutto coerente con la personalità del sindaco Magrone, già pretore, procuratore e giudice presso varie sedi giudiziarie italiane. Ma sta di fatto anche che, in testa e ai piedi della leggiadra fanciulla, lo sconosciuto autore del dipinto, per chiara volontà del committente, ha pennellato anche due epigrafi in parte mutile (ma ricostruite e interpretate da chi scrive), il cui contenuto invece sembra che non si addica molto all’attuale rappresentante del potere politico e amministrativo locale, che può ben essere considerato una sorta di moderno “regio governatore”. La scritta in alto, per cominciare, che si estende per tutto il lato del riquadro, recita infatti così: “Libere sperate in me omnis congregatipopuli (Fiduciosamente sperate in me, voi tutti popoli comunque associati). Si tratta di una parafrasi e amplificazione del versetto 9 del Salmo 61, che, nelle parole attribuite al re Davide, si rivolge al popolo d’Israele, e che qui invece viene esteso ad ognuna delle “associazioni di popolo” che intendono affidarsi alla protezione divina (e, in subordine, nel nostro caso, a quella del Governatore). E tale benevola sollecitazione doveva essere molto diffusa nel Regno di Napoli almeno a partire dal ’500, se la si ritrova – o la si ritrovava – all’ingresso della cappella del beato Gaetano nella chiesa napoletana di S. Paolo Maggiore, così come indicato nel “Supplimento a ‘Napoli sacra’ di don Engenio Caracciolo”, di Carlo de Lellis, edita nel 1654. Ebbene, si può dire che la “congregati populi Me-dunensis possa fiduciosamente sperare nell’aiuto e nella protezione del sindaco Magrone? Non pare, visto che, dopo le politiche anche troppo concilianti delle passate amministrazioni (in particolare, quelle di Pino Rana), l’attuale governatore della città ha aperto nel corso dei suoi mandati, a torto o a ragione, una serie numerosa di contestazioni, contenziosi e conflitti con diversi settori della società modugnese, dalle associazioni che occupano locali di proprietà comunale ai commercianti del mercato settimanale; dai residenti di via Salvo d’Acquisto, inviperiti per il mancato spostamento del mercato, ai commercianti e residenti della nuova Piazza Umberto; da tutti gli amministratori succedutisi negli ultimi 12 anni (chissà perché non anche quelli di prima), ai 13 consiglieri comunali dimessisi il 22 agosto 2014, che, conia loro “oltraggiosa fuga”, determinarono lo scioglimento del Consiglio Comunale e la fine della prima giunta Magrone); dai gestori delle piscine comunali, chiuse ormai da più di un anno, alla Tersan Puglia, che lavora i rifiuti organici di mezza provincia, ma non quelli di Modugno; dai dipendenti comunali che osteggerebbero le sue iniziative, ai funzionari del Comune poco inclini alla pronta obbedienza, qualcuno dei quali, addirittura, pubblicamente accusato e denigrato sulla pagina facebook del Sindaco. E che dire del conflitto, anzi, della guerra, proclamata in nome della legalità contro tecnici e operatori delle costruzioni, indotti a cortei e manifestazioni pubbliche di protesta contro il blocco sostanziale dell’edilizia nella nostra città? “Libere sperate in me…”! L’altra epigrafe, poi, posta in un ovale ai piedi della Giustizia, contiene un testo più complesso, ed anche più ricco di contenuti educativi per un amministratore pubblico. Essa, infatti, recita così: “Iustitia, quae natura fuerant communia, distribuii unicuique suum principi, populo patribusque tri bums’ (La giustizia, i beni che per natura erano stati comuni, li distribuì, a ciascuno attribuendo il suo, al principe, al popolo e ai nobili). L’aforisma consta di due, o forse di tre parti. La prima riprende un concetto presente in Cicerone, il quale, nel suo De Officiis (I, 21), sostiene che non esistono beni privati “per natura”, ma che i beni privati discendono dalla passata distribuzione dei beni “che erano stati per natura comuni”, per cui “quella parte che a ciascuno toccò in sorte, ognuno se la tenga; e se qualcuno bramerà impadronirsi di qualunque bene (già assegnato), violerà il diritto dell’umana società”. Insomma, emerge in Cicerone (e nel diritto romano) una forte difesa della proprietà privata comunque costituita, “o per occupazione di luoghi disabitati, o per conquista”. La seconda parte della scritta stabilisce l’obbligo, che è proprio della Giustizia, di “assegnare a ciascuno il suo”. Anche questo ammonimento si trova in Cicerone (De natura deorum, III, 15); ma poi, ripreso dal grande giurista romano Eneo Domizio Ulpiano (II-III see. d. C.), è passato, attraverso le Insitutiones di Giustiniano, imperatore bizantino del VI secolo, nel corpo del diritto moderno, sia civile che ecclesiastico (“unicuique suum è anche il motto che campeggia sotto la testata de “L’Osservatore Romano”, il giornale del Vaticano). La terza parte, infine, amplifica e precisa chi sia questo “ciascuno”, individuandolo nelle tre componenti costitutive della società europea fino alla Rivoluzione Francese: il principe, il popolo, i nobili. Al fine, dunque, di garantire l’armonia sociale e la pratica del buon governo, a ciascuno di questi la Giustizia, ovvero chi la esercita sulla base di un mandato sovrano, deve assicurare ciò che gli spetta. E allora il sindaco Magrone, che oltretutto è un uomo di legge, rifletta ogni mattina, quando arriva nel suo ufficio, su queste parole, e si sforzi di “dare a ciascuno il suo”, di riconoscere a se stesso (il principe) l’autorità del governo cittadino, ai semplici Modugnesi (il popolo) una serena vivibilità quotidiana (gli uffici, il traffico, il mercato, la Fiera, la piscina, i locali per le Associazioni benemerite), ma anche ai “nobili” (i commercianti, gli artigiani, gli ingegneri, i costruttori) la possibilità di lavorare onestamente. E se questi ultimi chiedono insistentemente di essere ricevuti ed ascoltati per esporre le ragioni del loro disagio (e quelle di mezza città), faccia il principe giusto e benevolo, non il giustiziere, e li riceva, finalmente! “Unicuique suum… ”.

Pensiero greco e cristianesimo

San Giustino, Commento al Dialogo con Trifone
Giustino martire visto da Benedetto XVI

Giustino e la filosofia

«Anch’io da principio, desiderando incontrarmi con uno di questi uomini (filosofi), mi recai da uno stoico. Passato con lui un certo tempo senza alcun profitto da parte mia sul problema di Dio (lui non ne sapeva niente, e d’altra parte diceva trattarsi di una cognizione non necessaria), lo lasciai e andai da un altro, chiamato peripatetico. Acuto, o al meno si riteneva tale. Costui per i primi giorni mi sopportò, poi pretendeva che per il seguito stabilissi un compenso, pena l’inutilità della nostra frequentazione. Per questo motivo abbandonai anche lui, ritenendolo proprio per nulla un filosofo.
Il mio animo tuttavia era ancora gonfio del desiderio di ascoltare lo straordinario ammaestramento proprio della filosofia, per cui mi recai da un pitagorico di eccelsa reputazione, uomo di grandi vedute quanto alla sapienza. Come dunque venni a conferire con lui, volendo diventare suo uditore e discepolo, mi fece: “Vediamo, hai coltivato la musica, l’astronomia, la geometria? O pensi forse di poter discernere alcunché di quanto concorre alla felicità prima di esserti istruito in queste discipline, che distolgono l’animo dalle cose materiali e lo preparano a trarre frutto da quelle spirituali, sì da giungere a contemplare direttamente il bello e il bene?”.
Così, dopo aver tessuto le lodi di queste scienze ed averne affermato la necessità, mi rispedì, avendo io dovuto ammettere che non le conoscevo. Ero afflitto, com’è naturale, avendo mancato le mie aspettative, tanto più che ero convinto che tale avesse una certa competenza. D’alta parte, considerando il tempo che avrei dovuto passare su quelle discipline, non potei tollerare l’idea di accantonare così a lungo le mie aspirazioni.
Senza via di uscita, decisi di entrare in contatto anche con i platonici, i quali pure godevano di grande fama. Eccomi dunque a frequentare assiduamente un uomo assennato, giunto da poco nella mia città, che eccelleva tra i platonici, e ogni giorno facevo dei progressi notevolissimi. Mi affascinava la conoscenza delle realtà incorporee e la contemplazione delle Idee eccitava la mia mente. Ben presto dunque ritenni di essere diventato un saggio e coltivavo la mia gioca speranza di giungere alla immediata visione di Dio. Perché questo è lo scopo della filosofia di Platone.
Mi trovavo dunque in questa situazione, quando pensai di immergermi nella quiete assoluta e sottrarmi alla calca degli uomini, e per questo mi dirigevo verso una località non lontana dal mare. Ero ormai giunto al luogo in cui mi proponevo stare solo con me stesso, quand’ecco un vecchio carico di anni, di bell’aspetto e dall’aria mite e veneranda, poco discosto da me seguiva i miei passi. Mi volsi e lo fronteggiai fissandolo intensamente.
– Mi conosci? – fa lui.
Dissi di no.
– Perché allora, riprese, mi squadri così?
– Mi sorprende che tu sia capitato nel mio stesso posto, perché non mi sarei mai aspettato di trovare qualcuno di questi parti.
– Sono in pensiero per certi miei congiunti, mi dice. Si trovano lontano da me e per questo a mia volta vengo a vedere di loro, caso mai spuntassero da qualche parte. Tu piuttosto, fa lui a me, che cosa fai qui?
– Mi piace occupare il tempo in questo modo, risposi, perché posso liberamente dialogare con me stesso. Posti come questo favoriscono il desiderio di raziocinare.
– Ah!, sei dunque un cultore del raziocinio, e non dell’azione e della verità. E non ti provi ad essere un uomo di azione piuttosto che di sofismi?
Risposi: – Quale azione più grande e migliore si potrebbe compiere che non mostrare che la ragione tutto governa, afferrarla e salirci su per vedere dall’alto gli errori ed il comportamento degli altri, che non fanno nulla di sensato e di gradito a Dio? Senza la filosofia e la retta ragione non ci può essere saggezza. Per questo ogni uomo ha il dovere di darsi alla filosofia e ritenerla l’azione più grande e degna di onore. Tutto il resto viene in secondo o terzo ordine, ed in quanto è connesso con la filosofia è conveniente e degno di essere accettato, in quanto invece ne è disgiunto ed è esercitato di gente cui la filosofia non è compagna, è sconveniente e volgare”.
Dopo questa lode del sapere filosofico, comincia adesso un dialogo sulla natura della filosofia e sulla nozione di Dio:
– La filosofia dunque procura la felicità? – intervenne quello.
– Certamente – dissi – ed è l’unica in grado di farlo.
Riprese: – ma che cos’è la filosofia, e qual è la felicità che procura? Se non hai degli impedimenti a dirlo dillo!
– La filosofia – risposi – è la scienza dell’essere e la conoscenza del vero, e la felicità che procura è il premio di questa scienza e di questa sapienza.
– Ma tu che cos’è che chiami Dio? Chiese.
– Ciò che è sempre uguale a se stesso e che è causa di esistenza per tutte le altre realtà, questo è Dio.
Così gli risposi e mi parve rallegrato…
– E chi mai si potrà prendere come maestro, feci io, e di dove si potrà trarre giovamento se neppure in uomini come Platone e Pitagora si trova la verità?
– Molto tempo fa, prima di tutti costoro che sono tenuti per filosofi, vissero uomini beati, giusti e graditi a Dio, che parlavano mossi dallo spirito divino e predicevano le cose future che si sono ora avverate. Li chiamano profeti e sono i soli che hanno visto la verità e l’hanno annunciata agli uomini senza remore o riguardo per nessuno e senza farsi dominare dall’ambizione, ma proclamando solo ciò che, ripieni di Spirito santo, avevano visto e udito.
I loro scritti sono giunti fino a noi e chi li legge prestandovi fede ne ricava sommo giovamento, sia riguardo alla dottrina dei principi che a quella del fine e su tutto ciò che il filosofo deve sapere. Essi, infatti, non hanno presentato il loro argomento in forma dimostrativa, in quanto rendono alla verità una testimonianza degna di fede e superiore ad ogni dimostrazione, e gli avvenimenti passati e presenti costringono a convenire su ciò che è stato detto per mezzo di loro.
Essi inoltre si sono mostrati degni di fede in forza dei prodigi che hanno compiuto, e questo perché sia glorificato Dio Padre, creatore di tutte le cose, sia hanno annunciato il Figlio suo, il Cristo da lui inviato… Prega dunque perché innanzitutto ti si aprano le porte della luce: si tratta infatti di cose che non tutti possono vedere e capire ma solo coloro cui lo concedono Dio ed il suo Cristo.
Dopo aver detto queste e altre cose, che non è qui il momento di riferire, quel vecchio se ne andò con l’esortazione a non lasciare cadere, e da allora non l’ho più rivisto. Quanto a me, un fuoco divampò all’istante nel mio animo e mi pervase l’amore per i profeti e per quelli uomini che sono amici di Cristo. Ponderando tra me e le sue parole trovai che questa era l’unica filosofia certa e proficua.
In questo modo e per queste ragioni io sono un filosofo, e vorrei che tutti assumessero la mia stessa risoluzione e più non si allontanassero dalle parole del Salvatore».
(Giustino, Dialogo con Trifone, traduzione e note a cura di Giuseppe Visonà, Edizioni Paoline, Milano 1988).

 

 

Avvertenze:

Col brano di Paolo di Tarso siamo partiti dalla contestualizzazione storica e culturale del brano stesso, richiamando le principali posizioni dell’autore, il clima culturale e religioso di Atene nella prima metà del primo secolo, per poi commentare il discorso di Paolo all’areòpago; con Giustino, invece, ci si propone di partire immediatamente con la lettura del brano, e, partendo, dalle sue affermazioni dovremmo risalire al contesto storico e alle posizioni di Giustino. Naturalmente, è necessario che ci sia una sufficiente informazione sulla vita e sul pensiero di Giustino.

Una informazione generale su Giustino la si può trovare su “pagine cattoliche”. Qui di seguito il link:
http://www.paginecattoliche.it/modules.php?name=News&file=article&sid=526

è poi opportuno avere informazioni di natura generale sugli apologisti, fra i quali emerge Giustino. Qui di seguito il link per un primo contatto con l’argomento:
http://www.webalice.it/paolorodelli/Letture%20e%20testi/Vaticano/apologisti.html

 

Storia


Agenda storica Modugnese [Accadde nel mese di gennaio]
Agenda storica Modugnese [Accadde nel mese di febbraio]
1616 - 2018 La Chiesa di Sant'Agostino compie 400 anni
[2006] Una pagina di storia modugnese [Elezioni 1956]

Paolo di Tarso ad Atene

Paolo di Tarso ad Atene

Tre storielle popolari sul Natale

Dal libro Il Natale nella tradizione popolare, presentato il 16 dicembre nella manifestazione di Nuovi Orientamenti, pubblichiamo alcune pagine del secondo capitolo. Ricordiamo che il libro sarà dato in omaggio a tutti coloro che si abboneranno per il 2017 alla rivista Nuovi Orientamenti.

Tre storielle popolari sul Natale 

VENERDI 16 DICEMBRE, ORE 19,30, MANIFESTAZIONE DELLA RIVISTA “NUOVI ORIENTAMENTI”

La manifestazione si svolgerà nel salone dell’Oratorio (Via X MARZO) e prevede la presentazione del libro Il Natale nella tradizione popolare e un recital di cultura modugnese, animato da Roberto Petruzzelli e Sandro Cardascio.

L’ingresso è libero.

Qui di seguito il programma.

invito-e-programma-della-manifestazione

 

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