Il Casale di Balsignano è stato oggetto di un interessante progetto rivolto
a chi soffre di problemi psichici

Anno XXIX N.128,129 Agosto 2007
Ivana Pirrone

«Date il cinque per mille alla nostra associazione Onlus» è il ritornello che ci perseguita in questi giorni nei quali si prepara la dichiarazione dei redditi. Richiesta sacrosanta, intendiamoci, che permette a tanti volontari di operare e di incidere, per quanto è possibile, sul fronte immenso dei bisogni umani. Tutti prioritari, tutti da perseguire, combattendo il male sotto ogni sua manifestazione, sia che tocchi la fisicità, sia che travolga la psiche dell’uomo. Tanti rispondono a questi appelli, in una Italia fondamentalmente generosa, anche se un po’ distratta, per cui in tanti leggono, recepiscono il messaggio, si impietosiscono, assegnano il benedetto cinque per mille a chi sembra loro più meritevole d’aiuto e … subito dopo rimuovono il problema. Sembra quasi che l’aver devoluto la somma ad una qualche associazione ci esenti da ogni forma ulteriore di partecipazione alle problematiche che affliggono l’umanità e di solidarietà per chi di quelle problematiche è vittima. Si può fare diversamente, però, ed alcuni redattori di Nuovi Orientamenti l’hanno fatto. Ecco la storia.
L’associazione “Aurora”, fondata dai familiari dei malati psichici per assisterli nei loro rapporti con le istituzioni e la cosiddetta società civile, per sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica ai problemi con cui gli «orfani di Basaglia» si scontrano, per promuovere la creazione sul territorio di quelle strutture che l’applicazione della legge Basaglia prevedeva alla chiusura dei manicomi, ha promosso degli incontri con gli assistili del C.S.M. (Centro di Salute Mentale) di via Pasubio a Bari durante i quali, attraverso colloqui, brevi conferenze, visione di foto o di video, questo particolare tipo di pazienti è stato motivato ad occuparsi di alcune testimonianze di Terra di Bari risalenti al Medioevo. Chi legge potrebbe chiedersi il perché di questa scelta. Ebbene, in realtà si è semplicemente pensato di condividere con queste persone l’esperienza di una visita in luoghi particolarmente significativi del nostro territorio per ricostruire momenti di un passato che condividiamo. per riconoscere la nostra appartenenza ad una radice comune, rievocando eventi remoti della storia che in parte spiegano la realtà del presente. Dunque, un momento di arricchimento culturale, realizzato sotto forma di dialogo in un clima di amichevole condivisione.
Durante gli incontri i redattori di Nuovi Orientamenti hanno messo a disposizione le loro professionalità e competenze, per cui Franco Gnan e Mimmo Tedesco, geologi, hanno illustrato la natura del territorio e messo in evidenza le caratteristiche tipiche delle nostre lame; Maria Franchini, architetto, si è occupata dell’analisi stilistica dei monumenti; Renato Greco, poeta, ha ricostruito le vicende di cui è stato teatro il castello di Sannicandro nel corso dei secoli; e chi scrive, autrice del progetto, faceva da collegamento fra tutti.
Gli incontri sono stati seguiti con una partecipazione che si deve stimare soddisfacente se si considera che le persone coinvolte abitualmente appaiono chiuse totalmente in se stesse e del tutto disinteressate a ciò che le circonda. C’è stata anche qualche domanda, volta più a rassicurarsi sul fatto che presto ci sarebbe stata una visita insieme ai luoghi illustrati che a chiarire qualche punto delle trattazioni. Più intensa, comunque, è stata la partecipazione alle ricognizioni sul campo che sono seguite agli incontri teorici, durante le quali si è potuto “toccare con mano” quanto era stato precedentemente presentato.
Balsignano prima, immersa nel verde della sua Lamasinata, fitto della splendida fioritura di questa tarda primavera, il castello di Sannicandro poi, con una rappresentazione in costume evocatrice dei momenti e dei personaggi salienti di cui è stato teatro, hanno accolto i due gruppi di questi particolari turisti che apparivano molto partecipi, interessati, distesi e pronti a recepire la nuova esperienza.
Il pranzo, accompagnato da musica dal vivo e, per chi se l’è sentita, dalle danze, ha rappresentato un ulteriore momento di socializzazione in un’atmosfera giocosa, cui tutti hanno aderito con entusiasmo. Tanti si sono esibiti ballando, altri battevano il tempo guardando la pista, c’era chi osava battute di spirito e confidenze con il vicino.
Un successo? Non so. Piuttosto una goccia nel mare dei bisogni, del tempo dedicato a chi, accanto a noi, affronta quotidianamente problemi che per pura fortuna noi non viviamo sulla nostra pelle. Probabilmente questa esperienza avrebbe un senso (e solo i terapeuti che guidano il C.S.M. possono valutarne gli effetti) se fosse ripetuta con sistematica continuità per un significativo lasso di tempo.
Certo, noi abbiamo arricchito la nostra sensibilità e da oggi in poi non potremo liquidare solo con una elargizione in denaro il problema della solitudine e dell’indifferenza di cui sono vittime tanti nostri simili.